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LA LUNA DI GRACE

 

Grace aveva un sogno. Il suo sogno era quello di volare ed arrivare sino alla luna. Ma il suo corpo non l’avrebbe aiutata. Chili e chili di grasso la piantavano a terra, era un macigno impossibile da consumare. O meglio, avrebbe potuto consumarlo, ma il peso più grande era la sua fame di tutto e di niente, che non le avrebbe permesso di dimagrire. E poi, non era sicura che una volta diminuito il suo peso avrebbe potuto arrivare fino a lassù, non ne era certa. Di persone magre non ne conosceva, ma sapeva che ne esistevano e non le aveva mai viste volare in giro.

Così non si era mai convinta.

Ogni sera sbirciava la luna dalla finestra della sua stanza, la guardava crescere. Ogni sua fase: piccola diveniva ancora più grossa e più grossa, e poi cresceva ancora. Grace pensava al fatto che la luna, raggiungesse lo splendore massimo, proprio quando era grossa che più non poteva. Quando era grande e tonda, più di qualsiasi altra cosa sulla terra, anche più di lei. Proprio in quel momento, veniva ammirata e citata in tutte le più grandi opere dei più grandi autori.

A lei questo non accadeva.

Non veniva ammirata e nessuno sapeva di lei. Perché preferiva restare in silenzio nella sua camera, con i suoi disegni e i suoi libri, anziché uscire e incontrare le persone e i loro occhi giudici.

Grace aveva un sogno. Scalare piano la crosta celeste ed arrivare su in cima, verso quel faro luminoso. Quel posto, la luna, che l’avrebbe accolta sicuramente per com’era e che le avrebbe dato quella sensazione di leggerezza e pace, che qui sulla terra, complice la gente e la gravitazione, non poteva avere.

Disegnava, disegnava la sua luna, con quella costanza che tutti avrebbero invidiato. Ogni mattina, appena il sole era alto, davanti alle sue tele e ai suoi colori, la disegnava. Grossa e tonda.

La notte implorava la bianca luna, portatrice di sogni, che le donasse la leggerezza e il volo; che facesse, per un attimo, sparire quei suoi chili e le consentisse di salire piano verso di lei.

Ma nessuna notte le donò questa magia. E lei nel frattempo, chiusa nella sua casa, lontano da tutti cresceva ancora e ancora di più. Come la luna, diventava sempre più grossa e sempre più tonda.

Finché un giorno non lesse che, in tempi remotissimi, c’erano degli dei che trasformavano in costellazioni umani e ninfe. Così si convinse che forse, in questo modo, anche lei avrebbe potuto essere trasformata in una stella, ed essere più vicina alla luna. Poi avrebbe potuto chiederle di essere ospitata sulla sua terra, fatta di farina brillante.

Quindi a cena quella sera, salutò i suoi grassi e tondi genitori, e chiudendosi in camera, decise di addormentarsi per sempre. Con la speranza che, qualche dio, preso a compassione, la facesse diventare una stella del cielo. Una di quelle vicine alla luna, che si specchiano con essa e possono parlarle.

Ma le cose non vanno sempre come si crede. Non tutto è chiaro come si legge e come si disegna.

Così nessun dio la rese costellazione e nessuna luna l’accolse nel proprio regno.

I genitori piangevano quel sonno inguaribile e, dopo giorni e mesi, decisero che se era la leggerezza, quello che la loro figlia cercava, loro gliel’avrebbero regalata.

Presero una piccola zattera e misero lì il corpo rotondo e morbido della loro figlia. Grace avrebbe affrontato il mare e avrebbe assaporato la leggerezza che le onde danno a chi, sopra di loro, si lascia trasportare. Misero con lei alcuni suoi disegni della luna piena. Nella speranza che essa vedendoli le donasse quella pace, che loro non erano riusciti a darle.

Poi lasciarono che la zattera andasse verso il largo, loro non avrebbero potuto più vederla.

La luna quella notte era piena. Alta e bianca come una perla del mare. Guardava Grace silenziosa, come sempre. La giovane era sdraiata sulla sua zattera, sosteneva le onde senza svegliarsi e così di sicuro avrebbe abbandonato la vita.

Fu in quel momento che, sconvolta dal dolore della giovane, la Luna aprì i suoi occhi. Grandi e trasparenti come il ghiaccio. Lunghe e forti braccia le spuntarono e con quelle sollevò la zattera di Grace.

Non fu difficile farlo per lei. Nessun peso aveva Grace, per lei.Così, specchiandosi nel mare calmo, vide che le spuntò anche una bocca e con quelle labbra morbide, baciò il corpo di Grace. Colei che era stata la sua figlia più fedele.

Grace si illuminò, come fosse fatta di sola luce, e piano si risvegliò.

Riconobbe in quel volto enorme, proprio il suo. Tondo e bianco. Con guance morbide e occhi trasparenti come ghiaccio. Riconobbe, negli occhi silenziosi e tristi della luna, i suoi. La luna era come lei, era lei.

-Ma tu..-

Non fece in tempo a finire la frase, che la Luna la portò di nuovo nella sua casa. Sul suo letto. E dalla finestra della sua camera pronunciò queste parole.

-Ho bisogno di te, piccola Grace. Ho bisogno che tu faccia vedere al mondo il mio volto, il mio vero volto. Ho bisogno che si ricordino di me. Devi aiutarmi tu. –

Così la mattina seguente Grace, si svegliò nel suo letto e abbracciati i suoi genitori, che sembravano non ricordare nulla, corse con i suoi disegni per la strada e incominciò a distribuirli a tutti coloro che incontrava.

E non si preoccupava di sembrare pazza, oppure grassa. C’era la luna, anche se nascosta dalla luce del sole, che lei sapeva la stava vegliando.

I suoi disegni fecero il giro del paese e poi dell’intera nazione, ed infine del mondo.

Finché un giorno raggiunsero anche me.

M.D.Q

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